VITALE BARBERIS CANONICO: L’ECCELLENZA DEL TESSILE DIPENDE DALL’ACQUA
«Se vuoi la qualità, devi fartela tu». Questa frase di Alberto Barberis Canonico funge da manifesto di un’azienda che, sin dalla sua nascita, ha difeso il proprio vantaggio competitivo puntando sul valore aggiunto del saper fare e dell’esperienza artigiana italiana. Sono passati più di tre secoli da quando la famiglia Barberis Canonico diede vita all’attività laniera a Trivero, nel biellese e, da allora, un filo rosso distintivo ha accompagnato il progressivo sviluppo dell’azienda: la componente professionale e artigianale, interamente italiana, che caratterizza tutte le fasi della filiera produttiva di tessuti esclusivi.
Il ‘quinternetto delle taglie’, datato 1663, è il primo documento ufficiale che testimonia l’attività laniera di Ajmo Barbero: un pagamento al Duca di Savoia e al feudatario del luogo avvenuto sottoforma di ‘saia grisa’, un tessuto prodotto già in epoca romana nel biellese. Nel 1726, Giovanni e Ajmo Antonio, figli di Ajmo, ampliano l’attività e vengono registrati nella comunità rispettivamente come ‘negoziante di panni’ e ‘calzolaio’. Qualche decennio dopo, i figli di Ajmo Antonio ricevono la patente di ‘fabbricanti di pannilani’ e ‘commercianti fieristici’. È il periodo in cui l’attività si espande; intere famiglie filano e tessono a domicilio per i Barberis ma il passaggio alla produzione di fabbrica non sarà affatto semplice. Solo a metà del XIX secolo, presso lo stabilimento di Pratrivero, le attività di tessitura, tintura, follatura e filatura saranno svolte in maniera semi-manuale, grazie all’ausilio dei primi telai. E poi, con l’avvento dell’elettricità e la possibilità di produrre in fabbrica a ciclo completo, i Barberis oltrepasseranno i confini nazionali, esportando tessuti in India, America e Cina. Superato anche il difficile e oscuro periodo fascista, il fatturato della famiglia raddoppierà nell’anno del boom economico italiano, e la sua immagine sui mercati internazionali si consoliderà positivamente. Mentre, negli anni ’80, il periodo di euforico sviluppo finisce drammaticamente per molte aziende tessili italiane, la VBC decide di sfruttare il vantaggio della svalutazione della lira aumentando le esportazioni. Una scelta che modificherà radicalmente la distribuzione geografica delle vendite e che premierà l’audacia.
Ancora oggi, la tecnica e l’esperienza della VBC rappresentano un mix vincente che si esprime nell’eccellenza del prodotto finale. Il Gruppo è presente in 100 paesi che ne riconoscono la leadership nella produzione dei tessuti in lana e che assorbono l’80% del suo prodotto.
Si chiama ‘evoluzione prevedibile della gestione’.
L’azienda, contraria a operazioni di delocalizzazione internazionale, controlla l’intero ciclo produttivo Full Made in Italy. Una tale scelta si inserisce pienamente nella strategia di internazionalizzazione commerciale che prevede un investimento sostanziale sulla valorizzazione e promozione del mercato del prodotto tessile. La VBC considera il territorio una risorsa sulla quale far leva, anche nell’ottica di una strategia di rafforzamento dell’immagine di azienda Made in Italy nel mondo. La VBC riesce ancora a innovare, sviluppare nuovi concetti di prodotti promuovendo soluzioni di valore rispetto a quelle offerte dai competitor, e continua a farlo nei luoghi in cui è nata. Il valore è offerto dal territorio e dalle sue risorse. Prima fra tutte, le abilità artigiane. I collaboratori e i dipendenti godono di una prospettiva di impiego a lungo termine garantita dalla solidità dell’azienda. Il personale, altamente qualificato, è anche impegnato nell’attività di tutoring dei giovani, per trasmettere loro il rispetto per la qualità e la cura del dettaglio.
Il Made in Italy è ‘senso di comunità’, storia, tradizione e modernità. Riguarda tutti: produttori, acquirenti, luoghi, istituzioni.
Se, per molti, l’industria tessile evoca una chiara disfatta economica e il declino di numerose aziende storiche italiane, casi come quello della VBC ci regalano la chiave di volta per un possibile superamento di questo senso di annilichimento: le imprese italiane potranno tornare a vantare la loro redditività in un contesto sociale coeso.
E anche l’utilizzo di tutti gli strumenti di vendita e comunicazione è finalizzato a far conoscere e promuovere l’esistenza di questo substrato comunitario che ha dato lustro all’azienda e la identifica agli occhi dei competitor come leader nel tessile. Si tratta di un’azienda business to business e la valorizzazione commerciale non gode del rapporto diretto col consumatore finale. Nonostante questo, per il manager, l’imprenditore o il professionista cinese, indossare VBC è uno status symbol. L’abito confezionato con tessuti Barberis Canonico è un’icona senza tempo, non legata ai trend passeggeri della moda; il suo acquisto rappresenta la realizzazione di un investimento. I tessuti VBC contribuiscono a cambiare il modo di vestire del consumatore che vuole un prodotto di alta qualità ed eleganza. Le strategie di comunicazione dell’azienda sono molto orientate alla valorizzazione del prodotto sotto il profilo della sostenibilità e della sicurezza, considerati importanti fattori competitivi se combinati con l’impegno più consueto di innovazione sul piano estetico, emozionale e qualitativo del prodotto. Per questo, l’azienda si è mostrata particolarmente attenta alle tematiche ambientali, rafforzando il proprio impegno coi fatti. La finissima lana Merino viene importata dall’Australia e dalla Nuova Zelanda, il Cashmere dalla Cina, il Mohair dal Sud Africa. Ma sin dalle prime fasi, è l’acqua a farla da padrona. Prima della cardatura e pettinatura, occorre che la lana venga lavata energicamente. E la morbidezza del tessuto dipenderà molto dalla qualità dell’acqua. La VBC presta un’estrema attenzione all’acqua e alla sua qualità, al termine del trattamento di depurazione. Finita la lavorazione, le acque depurate confluiscono in un lago artificiale dove vivono centinaia di carpe koi e pesci rossi. Insomma, se è vero che i cinesi posseggono la materia prima e, da tempo, hanno acquistato costosissimi macchinari italiani e formato giovani manager in Italia, il tessuto Made in China viene ancora considerato di qualità modesta, per morbidezza e resistenza. Caratteristiche che l’acqua leggera e pulita del biellese dona a quanti sono in grado di utilizzarla per i processi produttivi e di restituirla all’ambiente pulita. Insomma, i tessuti VBC sono riconoscibili anche al tatto. Le campagne di comunicazione fanno leva sui fattori ‘sicurezza’, ‘rispetto’, ‘diritti’, ‘valori’, ‘qualità’ – tutti tra loro fortemente intrecciati – e calamitano l’attenzione degli addetti ai lavori – stilisti, sartorie di lusso e atelier – e di tutti coloro che vestono su misura e che preferiscono scegliere il tessuto, prima ancora della foggia di un abito. Sicuramente, ricorderanno la campagna del 2007 firmata da Michela Grasso e Daniele Ricci, in cui una pecora si affaccia fiera dall’interno di un armadio mentre l’headline recita: «Il segreto di un abito elegante non sta solo nel taglio».
Maria Carmela La Greca
Bel blog complimenti!
Grazie, Valeria!
Grazie Valeria!